Cos'è l'ipertrigliceridemia
Con il termine ipertrigliceridemia si intende una elevata concentrazione di trigliceridi nel sangue.
I trigliceridi sono una classe di lipidi che il nostro organismo sintetizza principalmente a partire dai grassi ingeriti attraverso la dieta e che sfrutta come fonte di energia.
Durante la digestione, le cellule intestinali catturano i lipidi introdotti con il cibo e li trasformano in trigliceridi che vengono successivamente trasportati nel sangue da lipoproteine chiamate chilomicroni. Anche il fegato nel corso del processo digestivo sintetizza trigliceridi ma, a differenza dalle cellule intestinali, compie questo processo a partire dal glucosio e dagli amminoacidi introdotti con il cibo. I trigliceridi prodotti dal fegato vengono poi trasportati nel sangue da un altro tipo di lipoproteine chiamate VLDL.
I trigliceridi, una volta trasportati nel sangue, vanno a costituire per le cellule tissutali sia una fonte di energia immediata sia una forma di riserva energetica.
Conoscere la concentrazione sanguigna dei trigliceridi è molto importante, perché insieme alla quantificazione del colesterolo totale, colesterolo LDL e colesterolo HDL, permette di stabilire il rischio cardiovascolare di un individuo.
Analisi del sangue e valori di riferimento
Nei soggetti sani la trigliceridemia presenta valori compresi fra 50 e 150/200 mg/dl. La concentrazione ematica dei trigliceridi viene rilevata mediante un semplice esame del sangue e affinché l’esito sia attendibile, è necessario che al momento del prelievo il soggetto sia digiuno da almeno 12 ore e abbia consumato la sera precedente un pasto leggero.
Fattori di rischio
L’ipertrigliceridemia è molto spesso associata a fattori quali:
• Una dieta ad alto contenuto di grassi saturi, colesterolo e carboidrati.
• Un eccessivo consumo di alcolici.
• Sovrappeso-obesità.
• Vita sedentaria.
• Fumo di sigaretta.
• L’uso prolungato di farmaci estroprogestinici come la pillola anticoncezionale, betabloccanti e corticosteroidi.
• Il diabete non trattato.
• Insufficienza renale.
• Malattie genetiche quali: ipertigliceridemia familiare.
Complicanze
Inoltre i trigliceridi alti possono essere un indice diagnostico della così detta “sindrome metabolica”, una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di almeno tre dei seguenti fattori di rischio cardiovascolare: ipertensione, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, iperglicemia e circonferenza addominale.
In tutte queste situazioni la produzione di trigliceridi e dei relativi trasportatori supera abbondantemente la richiesta delle cellule tissutali, le quali di conseguenza non riescono a introdurre al proprio interno i trigliceridi presenti nel sangue.
Questo comporta un accumulo ematico dei trigliceridi e quindi un aumento della trigliceridemia.
Le principali complicanze dovute ad alti valori ematici di trigliceridi sono rappresentate da comparsa di malattie cardiovascolari, aterosclerosi e pancreatite acuta con conseguente danneggiamento del pancreas.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento della ipertrigliceridemia è molto importante cercare di individuare la causa scatenante che in genere varia da persona a persona. Comunque a prescindere dalle cause, in presenza di trigliceridi alti è sempre molto importante mantenere sotto controllo il peso corporeo, seguire un regime alimentare equilibrato limitando l’apporto calorico, prediligere il pesce e i legumi rispetto alla carne e ad altri alimenti ricchi di grassi saturi, introdurre alimenti ricchi di sostanze antiossidanti come frutta e verdura, svolgere regolarmente attività fisica e monitorare la glicemia. Inoltre un valido aiuto sia nel trattamento che nella prevenzione dell’ipertrigliceridemia è rappresentato da un’adeguata interazione con omega 3, i quali oltre ad abbassare la concentrazione ematica dei trigliceridi, svolgono anche azione ipoglicemizzante, cardioprotettiva e antiinfiammatoria
Anche la vitamina B3 detta Niacina svolge un ruolo importante nel mantenimento del profilo lipidico, in quanto riduce la trigliceridemia, il colesterolo totale e aumenta i livelli di colesterolo HDL conosciuto come ”colesterolo buono”.
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